Ecco ‘Neo’, il più completo scheletro di Homo naledi mai trovato

Il cranio di “Neo”, individuo di Homo naledi scoperto nella camera Lesedi (Wits University/ John Hawks)

Quando due anni fa i cacciatori di fossili svelarono i resti di una misteriosa e arcaica nuova specie umana, nelle profondità di una grotta in Sudafrica, la comunità scientifica rimase sbalordita. Da allora, i corpi dei membri della famiglia a lungo dimenticata si sono moltiplicati.

Nello studio pubblicato sulla rivista eLife si parla dei resti di almeno 18 Homo naledi. L’ultimo ritrovamento di ossa, scoperte in una grotta a 100 metri dal primo, include un cranio adulto quasi completo.

I test hanno datato le ossa tra i 335.000 e i 236.000 anni fa, rendendole molto più recenti di quanto molti scienziati si aspettassero. «Significa che questa primitiva specie di ominide coesistette con l’Homo sapiens“, ha detto Lee Berger, scienziato dell’Università di Witwatersrand a Johannesburg.

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Quanto la cultura di Jamna trasformò gli europei

Scheletro di Jamna in una sepoltura nelle steppe russe (XVodolazx/Wikimedia Commons)
Scheletro di Jamna in una sepoltura nelle steppe russe (XVodolazx/Wikimedia Commons)

La rivista scientifica Science riporta un nuovo studio del DNA che dimostra l’enorme impatto degli Jamna, una civiltà dell’Età del Bronzo, sulla popolazione europea.

Gli Jamna furono una popolazione proveniente dalle steppe euroasiatiche, abili cavalieri e parlavano probabilmente il proto-indoeuropeo. Secondo la ricerca, una loro migrazione di quasi soli uomini nell’Europa centrale circa 5.000 anni fa, avrebbe lasciato un segno sul genoma degli odierni europei.

«Sembra che gli uomini andarono in guerra, con cavalli e carri», dice Mattias Jakobsson, autore a capo dello studio e genetista della popolazione presso l’Università di Uppsala in Svezia.

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Quasi tutti gli esseri umani non africani risalgono alla stessa migrazione

Eske Willerslev (a sinistra) incontra gli anziani aborigeni durante la sua ricerca (Science)
Eske Willerslev (a sinistra) incontra gli anziani aborigeni durante la sua ricerca (Preben Hjort, Mayday Film)

Tre nuovi studi genomici hanno delineato un preciso quadro su come gli esseri umani si diffusero sul pianeta.

Dall’Africa, la culla dell’Homo Sapiens, gli uomini probabilmente migrarono più volte in diverse ondate, ma fu soltanto una la migrazione da cui tutti gli euroasiatici viventi oggi discendono: avvenne tra i 50.000 e i 60.000 anni fa, e ci ha dato più del 90% della nostra ascendenza.

Le ricerche sottolineano inoltre la grande particolarità degli aborigeni australiani: sono loro il popolo geneticamente più antico della Terra, praticamente immutato da circa 50.000 anni. Non a caso l’Autralia conserva alcune delle testimonianze più antiche dell’Homo Sapiens al di fuori dell’Africa.

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Le ultime ricerche su Ötzi: una morte inaspettata, i contatti con la Toscana e una voce profonda

La mummia nel luogo di ritrovamento (Paul Hanny)
La mummia nel luogo di ritrovamento (Paul Hanny)

In occasione dei 25 anni dal suo ritrovamento, a Bolzano è stato dedicato un congresso internazionale – dal 19 al 21 settembre – a Ötzi, la famosa Mummia del Similaun, durante il quale sono stati presentati delle nuove ricerche a lui dedicate.

Tra i principali risultati scientifici, è stato scoperto che il rame con cui è stata costruita l’ascia che portava con se potrebbe non provenire dalle Alpi, come ritenuto finora, ma dai giacimenti della Toscana meridionale. Ötzi inoltre non si dedicava alla lavorazione del rame, come invece avevano fatto pensare le tracce di arsenico e rame trovate nei suoi capelli. E il suo assassinio potrebbe essere legato ad una situazione di conflitto accaduta qualche giorno prima della sua morte.

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I casi di tumore e di cancro più antichi del mondo

Il cancro rilevato su un osso del piede (University of Witwatersrand)
Il cancro rilevato su un osso del piede (University of Witwatersrand)

In due diverse ricerche pubblicate sulla rivista scientifica The South African Journal of Science, due gruppi di scienziati hanno annunciato la scoperta delle tracce più antiche di cancro e di tumore alle ossa mai trovate sui fossili umani.

Un osso del piede, datato tra gli 1,8 e 1,6 milioni di anni fa, contiene una traccia incontrovertibile di cancro (un tumore maligno), e dunque spinge indietro nel tempo la data più antica di questa malattia. L’osso proviene dal sito sudafricano di Swartkrans, all’interno dell’area nota come la Culla dell’umanità. Sebbene non si sappia esattamente quale fosse la specie di questo individuo, era chiaramente un hominine, ovvero faceva parte della tribù che raggruppa uomo, scimpanzé e altri antichi parenti quali Australopithecus.

Nel secondo studio, un team di scienziati ha identificato il più antico tumore benigno mai scoperto nei fossili umani nella vertebra di un giovane Australopithecus sediba, noto come Karabo. Si trovava nel sito di Malapa, a pochi chilometri da Swartkrans, ed è stato datato a 1,98 milioni di anni fa. Finora, il più antico possibile tumore in un hominine era stato scoperto in Croazia nella costola di un Neanderthal datato a circa 120.000 anni fa.

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I primi agricoltori della Mezzaluna Fertile erano già popolazioni molto diverse

Vicinanza genetica tra i resti antichi e le popolazioni moderne. In rosso per i siti sul Mar Egeo; in blu per i siti tra Iran e Iraq (Science)
Vicinanza genetica tra le popolazioni antiche e moderne. In rosso considerando i siti sul Mar Egeo; in blu considerando i siti tra Iran e Iraq (Science)

L’agricoltura e le comunità sedentarie furono inventate circa 10.000 anni fa nella Mezzaluna Fertile, una regione storica in Medio Oriente. La maggior parte delle tecnologie e della cultura associate con l’agricoltura, incluso l’allevamento di animali, si originarono là. La transizione dallo stile di vita nomade basato su caccia e raccolta, all’agricoltura e alla sedentarietà, fu un cambiamento così radicale che venne coniato il termine rivoluzione neolitica. Circa 2.000 anni dopo, il nuovo stile di vita neolitico apparve in Europa sudorientale e poco dopo nell’Europa centrale e mediterranea.

Ora un team internazionale di ricercatori, diretto dai paleogenetisti dell’Università Johannes Gutenberg di Magonza (Germania), ha fatto una nuova eccezionale scoperta. In un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science, hanno dimostrato che i primi contadini sui monti Zagros (Iran) non sono gli antenati né degli attuali europei, ma neanche dei primi agricoltori in Anatolia (Turchia), che pure abitavano dall’altra parte della Mezzaluna Fertile. I due gruppi si erano già separati geneticamente tra i 46.000 e i 77.000 anni fa.

«È stata una sorpresa», dice Farnaz Broushaki, uno degli autori dello studio. «Il nostro team aveva appena scoperto un’ascendenza genetica che collega i primi contadini europei fino all’Anatolia nordoccidentale. Ma ora sembra che questa catena si rompa da qualche parte nell’Anatolia orientale».

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Trovate probabilmente le più antiche impronte dell’Homo Erectus

(Sapienza, Università di Roma)
(Sapienza, Università di Roma)

La “Eritrean-Italian Danakil Expedition”, un gruppo di ricerca internazionale coordinato dalla Sapienza, ha scoperto una superficie di impronte fossili di circa 800 mila anni fa nel sito di Aalad-Amo, in Eritrea.

Se la datazione fosse confermata, si tratterebbe delle più antiche impronte di Homo Erectus, l’unica specie di ominidi che abitava l’area in quel periodo.

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Le popolazioni sul mar Egeo introdussero l’agricoltura in Europa

    Una sepoltura nel sito di Paliambela, in Grecia (K. Kotsakis and P. Halstead, Paliambela Excavation Project Archive)
Una sepoltura nel sito di Paliambela, in Grecia (K. Kotsakis and P. Halstead, Paliambela Excavation Project Archive)

Uno studio genetico ha scoperto nuovi dettagli riguardo l’introduzione dell’agricoltura in Europa nell’Età della Pietra, e sui primi europei in generale.

La teoria è che l’agricoltura venne introdotta in Europa circa 8.500 anni fa da diverse popolazioni neolitiche provenienti dalla regione del mar Egeo, e che queste arrivarono nel nostro continente (allora ancora dominato da cacciatori-raccoglitori) in due ondate diverse, tramite l’Europa centrale e meridionale.

Le scoperte si basano sui campioni genetici di antiche comunità agricole di Germania, Ungheria e Spagna. Confrontando queste con i genomi rinvenuti nei siti di Grecia e Turchia nordoccidentale, dove l’agricoltura veniva praticata secoli prima, i ricercatori sono stati in grado di tracciare una linea genetica che collega le popolazioni dell’Egeo a quelle dell’Europa.

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Il DNA antico mostra l’impatto catastrofico degli Europei sui nativi Americani

Una delle mummie utilizzate per lo studio: La Doncela, mummia Inca scoperta sul Monte Llullaillaco, in Argentina, nel 1999 (Johan Reinhard)
Una delle mummie utilizzate per lo studio: La Doncela, mummia Inca scoperta sul Monte Llullaillaco, in Argentina, nel 1999 (Johan Reinhard)

Il primo studio su larga scala del DNA antico dei primi americani ha confermato l’impatto devastante della colonizzazione europea sulle popolazioni indigene americane.

Condotto dal Centro australiano per l’analisi del Dna antico (ACAD) dell’Università di Adelaide, i ricercatori hanno ricostruito una storia genetica delle popolazioni indigene americane, esaminando direttamente il DNA di 92 mummie e scheletri precolombiani, risalenti tra i 500 e i 8.600 anni fa.

Pubblicato su Science Advances, lo studio rivela un’impressionante assenza dei lignaggi genetici precolombiani nei nativi americani moderni; mostrando un’estinzione di questi lignaggi con l’arrivo degli spagnoli. Continua a leggere “Il DNA antico mostra l’impatto catastrofico degli Europei sui nativi Americani”

Un grande cambiamento alla fine dell’Era Glaciale

La grotta di Hohle Fels, in Germania. Qui sono stati trovati tre individui di 15.000 anni fa analizzati nello studio (Alb-Donau-Kreis Tourismus)
La grotta di Hohle Fels, in Germania. Qui sono stati trovati tre individui di 15.000 anni fa analizzati nello studio (Alb-Donau-Kreis Tourismus)

Una nuova ricerca scientifica ha scoperto un grande e inspiegabile cambiamento avvenuto circa 15.000 anni fa in Europa: i locali cacciatori-raccoglitori furono quasi interamente rimpiazzati da una popolazione proveniente da un’altra area geografica.

Le scoperte sono state fatte dopo l’approfondito studio del DNA ottenuto da ossa e denti di persone vissute in Europa tra il Tardo Pleistocene fino all’inizio dell’Olocene, un periodo di circa 30.000 anni.

Mentre cercavano dei dati genetici di questo periodo, i ricercatori dell’Istituto Max Planck di scienza della storia umana, in Germania, hanno fatto la scoperta inattesa. Dice l’autore dello studio Johannes Krause: «Abbiamo scoperto un capitolo completamente sconosciuto della storia umana: un grande cambiamento della popolazione avvenuto alla fine dell’ultima Era Glaciale». Continua a leggere “Un grande cambiamento alla fine dell’Era Glaciale”

Trovati antichissimi utensili di pietra sull’isola di Sulawesi, ma chi li creò?

I ricercatori Van den Bergh e Bo Li (University of Wollongong)
I ricercatori Van den Bergh e Bo Li (University of Wollongong)

Nuove prove archeologiche hanno radicalmente spinto indietro nel tempo l’arrivo dei primi hominini – forse esseri umani – sull’isola indonesiana di Sulawesi: oltre 100 anni fa, ovvero circa 60.000 anni prima di quanto si pensasse.

A lungo si è pensato che gli uomini moderni fossero arrivati sull’isola circa 60 – 40.000 anni fa. Sulawesi potrebbe forse essere stato un passaggio per i primi popoli che poi giunsero in Australia.

Ora però una nuova ricerca, condotta dall’Università di Wollongong e pubblicata sulla rivista Nature, ha scoperto l’esistenza di utensili di pietra risalenti ad oltre 100.000 anni fa, usando l’ultima generazione della tecnica di datazione a luminescenza per minerali feldspati. Continua a leggere “Trovati antichissimi utensili di pietra sull’isola di Sulawesi, ma chi li creò?”

Lo stomaco di Ötzi getta luce sull’antica migrazione umana

I dott. Egarter e Zink durante una fase dello studio (EURAC)
I dott. Egarter e Zink durante una fase dello studio (EURAC)

Ötzi, la mummia che risale all’età del rame scoperta nel 1991 in un ghiacciaio delle Alpi orientali, continua a fornire preziose informazioni sulla vita dell’Homo Sapiens.

Cinque anni fa è stato decifrato il suo genoma completo e da quel momento sembrava che la sorgente di queste spettacolari scoperte si dovesse presto esaurire. Un’équipe di ricercatori internazionale è invece riuscita a decifrare il genoma completo del batterio contenuto nello stomaco della mummia, dimostrando la presenza dell’Helicobacter pylori.

Si tratta di un batterio presente in circa metà della popolazione umana odierna, e potrebbe fornire elementi preziosi nello studio delle prime migrazioni umane in Europa. Continua a leggere “Lo stomaco di Ötzi getta luce sull’antica migrazione umana”