Trovate probabilmente le più antiche impronte dell’Homo Erectus

(Sapienza, Università di Roma)
(Sapienza, Università di Roma)

La “Eritrean-Italian Danakil Expedition”, un gruppo di ricerca internazionale coordinato dalla Sapienza, ha scoperto una superficie di impronte fossili di circa 800 mila anni fa nel sito di Aalad-Amo, in Eritrea.

Se la datazione fosse confermata, si tratterebbe delle più antiche impronte di Homo Erectus, l’unica specie di ominidi che abitava l’area in quel periodo.

(Sapienza, Università di Roma)
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Impronte preziose

«Le impronte umane fossili sono estremamente rare. In Africa ne sono state scoperte a Laetoli in Tanzania e risalgono a 3,7 milioni di anni fa, mentre in Kenya sono emerse a Ileret e Koobi Fora, due siti datati a 1,5-1,4 milioni di anni. Ma finora nessuna orma è riconducibile al Pleistocene medio» – spiega il paleoantropologo Alfredo Coppa – «Se confermata dallo studio fotogrammetrico in corso e da ulteriori ritrovamenti nella prossima campagna di scavo, la sequenza di impronte emerse in Dancalia sarà in grado di raccontarci molte cose dell’Homo Erectus».

Le impronte identificate, infatti, presentano una generale somiglianza con quelle dell’uomo moderno e potrebbero quindi dare importanti indicazioni riguardo l’anatomia del piede e la locomozione di questi nostri antenati: mostrano dettagli delle dita dei piedi, un arco longitudinale mediale marcato e un alluce addotto, tutte caratteristiche che rendono distintivi i piedi umani e che li rendono efficienti nella camminata e nella corsa.

Inoltre le orme possono restituirci informazioni uniche, non ricavabili da altri tipi di reperti come ossa o denti, come la statura, la massa corporea e la biomeccanica dell’apparato locomotore, compresi andatura e velocità del passo.

(Sapienza, Università di Roma)
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Cinque o sei individui

Le probabili impronte di Homo Erectus scoperte ad Aalad-Amo sono conservate in un sedimento di sabbia limosa indurita, che è stata in parte esposta da inondazioni di acqua. Ad oggi, ne è stata portata alla luce una porzione di 26 m² che presenta tracce di impronte possibilmente attribuibili a più individui; alcuni strati di questo sito, al di sopra e al di sotto di quello scoperto, mostrano però caratteristiche simili, suggerendo che vi possano essere una successione a più strati di superfici fossili.

Le tracce umane sono orientate in direzione nord-sud, e sono allineate ad altre lasciate, plausibilmente, da antilopi estinte: l’abbondanza e la diversità delle impronte conservate in questa piccola zona esposta, in combinazione con evidenze geologiche e fossili, suggeriscono che in quest’area oggi desertica, vi fosse un lago circondato da praterie.

«Le recenti scoperte sottolineano la necessità e l’importanza di ulteriori indagini e scavi archeologici poiché a causa della natura effimera dei sedimenti soffici, le superfici ad impronte tendono ad alterarsi ed erodersi molto rapidamente», sottolinea Alfredo Coppa. «L’area dello scavo è infatti caratterizzata da una lunga successione di strati geologici che coprono diverse centinaia di migliaia di anni e mostra caratteristiche idonee alla preservazione sia di resti scheletrici sia di superfici fossili. Durante l’ultima campagna sono emersi ulteriori frammenti fossili umani da due differenti siti, tanto che possiamo considerare di aver scoperto ad oggi un numero minimo di 5 o 6 individui nell’area».

(Sapienza, Università di Roma)
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Lo scenario

L’inizio del Pleistocene medio è caratterizzato da un periodo di transizione molto importante nell’evoluzione umana durante il quale si sono sviluppate, a partire dall’Homo Erectus, specie umane con cervelli più grandi e corpi più moderni.

La documentazione fossile umana tra 1,3 e 0,5 milioni di anni fa è estremamente scarsa e frammentaria, in particolare per quanto concerne lo scheletro postcraniale i cui elementi sono rari in Africa durante questo periodo. I fossili umani dalla regione di Buia in Eritrea, datati circa 1 milione di anni, forniscono pertanto, insieme a campioni provenienti da siti come Daka (Etiopia) e di Tighenif nel Nord Africa, elementi chiave in questa lacuna. I fossili di Buia presentano un interessante insieme di caratteristiche antiche e moderne: un mosaico in cui i tratti più primitivi di Homo Erectus si affiancano ad un aumento delle dimensioni del cervello e ad alcuni aspetti moderni della struttura dell’anca, collegando H. Erectus all’anatomia caratteristica di specie più tarde come H. Heidelbergensis.

Le ricerche, coordinate dal paleoantropologo Alfredo Coppa della Sapienza in sinergia con altre università italiane (Firenze, Padova, e Torino) e internazionali (Poitiers, Tarragona, Toulouse), con il Mibact (Museo Pigorini e Iscr), sono state rese possibili grazie al supporto del Governo Eritreo e dell’Ambasciata d’Italia ad Asmara e grazie ai finanziamenti di Grandi Scavi Sapienza, Miur, Maeci, Amnh di New York, oltre a sponsor privati (Enertronica, Eraclya, Gruppo Piccini, I. Messina, Lauria A. e RrTrek).

Il coordinatore degli scavi, Alfredo Coppa, con alcuni collaboratori (Sapienza, Università di Roma)
Il coordinatore degli scavi, Alfredo Coppa, con alcuni collaboratori (Sapienza, Università di Roma)

Università degli Studi di Roma La Sapienza

Un pensiero su “Trovate probabilmente le più antiche impronte dell’Homo Erectus

  1. E’ una scoperta indubbiamente molto interessante che ci permetterà di poter conoscere molte delle cose che prima si ipotizzavano. Spero di poter leggere maggiori informazioni nel prossimo futuro

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