Odisseo, conosciuto dai Romani come Ulisse, ci mise dieci anni per tornare a Itaca dopo la caduta di Troia.
Durante il suo viaggio fu per due volte naufrago e incontrò ciclopi, lo spirito di sua madre e allettanti sirene. A Itaca trovò invece la moglie, Penelope, contesa da una schiera di pretendenti che avevano invaso il palazzo reale.
Con l’aiuto di suo padre Laerte e suo figlio Telemaco riuscì poi a uccidere i suoi rivali e a ristabilire il suo dominio.

Quasi 3000 anni dopo il ritorno di Ulisse a Itaca, un team di archeologi dell’Università di Giannina ha annunciato di aver scoperto i resti della sua casa, un grande edificio di tre piani, con scale scavate nella roccia e frammenti di ceramica.



Nel sito erano inoltre presenti un pozzo dell’VIII secolo a.C. e una fontana del XIII secolo a.C.

La posizione combacia con la descrizione di Omero della vista dal palazzo leggendario, dicono gli archeologi.
La pianta dell’edificio, dove il professor Thanassis Papadopoulos e il suo team scavano da 16 anni, è molto simile a quella dei palazzi già attribuiti ad Agamennone, Menelao o Nestore scoperti a Micene, Pellana, Navarino (Pylos) e Tirinto.
Alcuni anni fa, sempre a Itaca, Papadopoulos e la sua collega Litsa Kontorli avevano peraltro già scoperto una tavoletta con incisa una scena dell’Odissea: Ulisse legato all’albero della sua nave per resistere al canto delle sirene.

L’attribuzione della casa a Ulisse è tuttavia da prendere con una certa cautela: “Quel che conta è il ritrovamento di un edificio di epoca micenea – dice al Corriere Andrea Carandini, che da anni scava il Palatino a Roma – e la datazione della fontana può aiutare a definire il contesto. Se poi lo si pospone nel mito dell’Odissea è facile farlo diventare il palazzo di Ulisse”.
“Che si scavi sull’ispirazione di Omero è comprensibile – aggiunge Adriano La Regina, per decenni sovrintendente archeologico a Roma – ma ora la notizia importante è proprio l’edificio, così come è successo per la reggia di Nestore a Pilos. Che si tratti di Ulisse o no interessa fino a un certo punto, ora sappiamo che a Itaca c’era un re miceneo. E spero che si trovi anche l’archivio: tavolette importantissime in scrittura micenea che oggi siamo in grado di decifrare e che possono dare informazioni preziose».
Fonti: The Telegraph, Corriere.