
Fra le tante sorprese associate alla scoperta del quasi completo e più antico scheletro di un ominide (Ardi), c’è anche l’ipotesi che i nostri antenati diventarono bipedi non nella aperta ed erbosa savana – come diceva Darwin -, ma in un territorio boscoso.
Lo studio è del professor Stanley Ambrose, il co-autore di due degli 11 studi pubblicati su Science riguardo appunto a questo ominide, l’Ardipithecus ramidus, vissuto circa 4.4 milioni di anni fa nella depressione di Afar (Etiopia).
L’analisi del carbonio-12 e 13 contenuti nel suolo e negli animali rende possibile ricostruire l’ambiente e le varie diete di allora. La ricerca è stata condotta in una regione grande 9 km sullo strato in cui sono stati trovati i 36 Ardipithecus; sono stati studiati i denti di cinque di loro e 172 di due dozzine di mammiferi recuperati nello stesso strato di terreno.
I risultati dimostrano che ai tempi il paesaggio variava dai boschi nella zona ovest alle praterie nella zona est.
Ambrose spiega: “Nella parte occidentale troviamo un sacco di fossili di Ardipithecus e animali dei boschi e delle foreste. Poi c’è una interruzione; l’Ardipithecus e la maggior parte delle scimmie che vivono sugli alberi scompaiono, e diventano più abbondanti gli animali che si nutrono di erba”.
“La dieta dell’Ardipithecus riguarda molto di più il lato della foresta e del bosco. Nella sua dieta ha un po’ più dell’ecosistema della prateria rispetto agli scimpanzé, ma molto meno dei suoi discendenti pienamente bipedi e abitanti della savana, gli australopitecini”.
Queste prove e il fatto che l’Ardipithecus avrebbe potuto sia camminare eretto sia arrampicarsi sugli alberi suggeriscono che i primi ominidi cominciarono a camminare su due gambe nelle foreste molto prima che si avventurassero a grandi distanze nelle praterie.
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