
La cosiddetta “tomba di Romolo”, riscoperta nel Foro Romano dopo oltre un secolo, non sarebbe la vera tomba di Romolo. Secondo la direttrice del Parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo, si tratta di “un monumento funerario realizzato dopo la morte di Romolo, per celebrarne il culto e la memoria”. La camera sotterranea era stata scavata 120 anni fa da Giacomo Boni, ma poi se ne erano perse le tracce.

La scoperta di Boni
Nel 1898, l’archeologo veneziano Giacomo Boni cominciò gli scavi nel Foro romano, scoprendo due importanti siti: il Lapis niger – una camera lastricata in marmo nero forse associata alla morte di Romolo – e il Comizio, l’antica piazza dedicata alle assemblee politiche. A pochi metri di distanza, però, aveva anche trovato una cassa in tufo e una base circolare, proprio sotto il portico d’ingresso della Curia Iulia, la sede del Senato che venne costruita successivamente. Sulla rivista Notizie degli Scavi di Antichità, scrisse: «A 3,60 metri dal nucleo della gradinata della Curia Iulia, trovasi una cassa a vasca rettangolare in tufo, lunga 1,40 m., larga 0,70 e alta 0,77 m., di fronte alla quale sorge un tronco di cilindro di tufo, del diametro di 0,75 m. La cassa di tufo conteneva ciottoli, cocci di vasi grossolani, frammenti di vasellame campano, una certa quantità di conchiglie e un pezzetto d’intonaco colorito di rosso». Boni aveva riportato la correlazione col Comizio e il Niger Lapis, ma non attribuì una particolare importanza alla cassa in tufo, tanto che se ne perse la memoria e l’esatta ubicazione.



Riscoperta del sarcofago
Gli archeologi del Parco archeologico del Colosseo, in particolare Patrizia Fortini, ristudiando gli scavi di Giacomo Boni hanno intuito l’importanza del rinvenimento. Anche in altre città, come per esempio nel centro di Paestum, erano state realizzate tombe simboliche dedicate ai loro fondatori mitici. Il nuovo scavo è cominciato nel 2019 con lo smontaggio di una scalinata costruita negli anni ’30 da Alfonso Bartoli. Al di sotto, gli archeologi hanno trovato la stanza sotterranea così come l’aveva descritta Boni. Fortunatamente Bartoli l’aveva protetta con pilastri di mattoni e travi di ferro. Sono visibili il sarcofago e la base circolare, entrambi realizzati in tufo del Campidoglio, e altri blocchi. La stanza doveva essere più ampia di quello che vediamo oggi, poiché i Romani la tagliarono quando costruirono le fondazioni della Curia Iulia. Sono state individuate due botole con una serie di blocchi monumentali in tufo, forse la parete originale della stanza. Il sarcofago e la base circolare sono probabilmente dello stesso periodo delle tribune della piazza del Comizio (i rostri repubblicani) della fine del VI secolo a.C.


L’interpretazione
Alcuni scrittori antichi menzionano il Lapis Niger come luogo da correlare alla morte di Romolo, oltre che luogo di sepoltura di due altri personaggi emblematici: Faustolo, padre adottivo di Romolo e Remo e Osto Ostilio, nonno del re latino Tullio Ostilio (673-641 a.C.), tutte figure fortemente legate alle origini di Roma. Tra tutte le fonti un rilievo particolare assumono gli scoliasti di Orazio (Epodi, XVI) che riportano un’affermazione di Varrone, secondo il quale Romolo sarebbe stato sepolto dietro ai Rostra, proprio nella stessa posizione in cui è stata appena ritrovata la camera ipogea. Il luogo e la fonte letteraria rendono del tutto verosimile che possa trattarsi di quella che gli antichi Romani consideravano la Tomba di Romolo. Non era tuttavia il luogo di sepoltura poiché secondo alcuni autori antichi (Plutarco) i senatori riuniti avrebbero ucciso Romolo e smembrato il suo corpo, mentre altre tradizioni narrano della sua assunzione in cielo (Livio e Plutarco). Si tratterebbe dunque di un monumento funerario realizzato, in un periodo successivo alla morte di Romolo, per celebrarne il culto e la memoria.
