Secondo uno studio italiano, lo scheletro fossile di Altamura, ritrovato in Puglia nel 1993 e tuttora imprigionato in formazioni calcitiche, presenta caratteristiche morfologiche e paleogenetiche che lo identificano come appartenente alla specie Homo neanderthalensis.
Inoltre, il DNA prelevato dallo scheletro rappresenta il più antico dato paleogenetico per i Neanderthal: la ricerca lo colloca infatti in un intervallo finale del Pleistocene Medio compreso tra 172 e 130 mila anni – una fase antica dell’esistenza di questa specie, vissuta in tutta Europa tra almeno 200 mila e circa 40 mila anni fa.

La datazione
Attraverso l’uso di metodologie innovative e tecnologicamente avanzate, il gruppo di ricerca aveva prelevato dalla grotta un frammento della scapola. Sebbene fosse solo una piccola parte dello scheletro, che resta tuttora imprigionato nella grotta, le informazioni che esso ha potuto rivelare sono di estrema importanza scientifica.
Le datazioni eseguite sul campione e su vari frammenti di stalattiti con la tecnica dell’Uranio-Torio hanno indicato che il sistema carsico di Lamalunga ha iniziato a essere attivo prima di 189 mila anni fa, e che le formazioni calcitiche stratificatesi sulle rocce e sullo scheletro umano hanno iniziato a deporsi fra 172 e 130 mila anni fa, nel pieno della penultima glaciazione quaternaria. Per quanto esistano in Europa e nel Vicino oriente diversi campioni fossili riferibili all’Homo neanderthalensis, nessuno può eguagliare per grado di completezza e stato di conservazione il reperto pugliese.
Inoltre, i risultati dell’analisi paleogenetica hanno registrato la presenza di DNA endogeno, anche se altamente frammentato. Questi primi dati genetici permettono, fra l’altro, di considerare lo scheletro di Altamura come il più antico Neanderthal da cui siano state estratte porzioni di materiale genetico (mtDNA) e dunque un ottimo candidato per analisi genomiche di grande interesse.
“L’uomo di Altamura – afferma Giorgio Manzi, paleoantropologo della Sapienza – rappresenta una formidabile ricchezza per il territorio dell’Alta Murgia, già ricco di tesori fossili (come la pista di impronte di dinosauri del tardo Cretacico rinvenuta nelle vicinanze). C’è molto da conoscere da un simile reperto umano. La speranza per il prossimo futuro è che questo scheletro fossile possa rappresentare il fulcro di una combinazione virtuosa fra ricerca scientifica, tutela del patrimonio e sua piena valorizzazione”.

L’Uomo di Altamura
L’Uomo di Altamura era stato scoperto il 3 ottobre 1993 nella grotta di Lamalunga, nei pressi dell’Alta Murgia in Puglia da un gruppo di speleologi del CARS (gruppo speleologico di Altamura). Si tratterebbe di un uomo preistorico che precipitò 150 mila anni fa in un pozzo naturale dove morì di stenti. Le gocce di calcare negli anni lo hanno ricoperto e protetto fino ai giorni nostri.
Lo studio, cominciato nel 2009, è coordinato da Giorgio Manzi della Sapienza di Roma e da David Caramelli dell’Università di Firenze, in collaborazione con le Autorità locali e la Soprintendenza Archeologia della Puglia. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Human Evolution.
