
La cattedrale di Notre-Dame di Parigi non ha finito di svelare i suoi segreti. Mentre i lavori di consolidamento dell’edificio incendiato nel 2019 sono stati completati, e ora può iniziare l’effettiva fase di restauro (in vista della riapertura nel 2024), gli archeologi hanno fatto delle scoperte sorprendenti: un sarcofago, frammenti di sculture dipinte con foglia d’oro o lapislazzuli, murature medievali. La rivista francese Télérama ha realizzato una preziosa intervista a Dorothée Chaoui-Derieux, responsabile del controllo scientifico e tecnico dell’operazione.
Gli scavi archeologi hanno interessato un’area di 120 m² tra il transetto e il coro della vecchia dama di pietra, necessari prima di installare un’impalcatura da 600 tonnellate e ricostruire la guglia. «Stranamente – dice Chaoui-Derieux – Notre-Dame è stata finora molto poco scavata. Ciò è stato fatto nel XVIII e XIX secolo, e c’è stato un seguito archeologico dei lavori negli anni ’80, ma senza alcuna vera operazione all’interno delle mura. Questo incidente rappresenta paradossalmente un’occasione unica per raccogliere informazioni».

Sono state fatte diverse scoperte sotto Notre-Dame. Quale pensa sia la più significativa?
Abbiamo appena evidenziato livelli del terreno di epoca medievale e, sul lato sud, una muratura in pietra che potrebbe essere anteriore alla cattedrale gotica. A prima vista sembra meno spettacolare del sarcofago di un ecclesiastico di alto rango o di un frammento di pietra dipinto con foglia d’oro. Ma da un punto di vista scientifico, è eccezionale. A patto, ovviamente, di riuscire a identificare più precisamente questo muro, a datarlo, a caratterizzarlo… Perché abbiamo, infatti, solo poche notizie sulla cattedrale romanica, che è conosciuta solo dai testi, e non dalle vestigia. È Notre-Dame prima di Notre-Dame. Gli archeologi la cercano e questi elementi potrebbero fornire informazioni innovative sulla storia di questo edificio, come su quelli che lo hanno preceduto.
Ci sono altre sorprese?
Quando nell’Ottocento l’architetto Viollet-le-Duc ricostruì la volta della crociera e la guglia della cattedrale, proprio sopra il nostro scavo, ne approfittò per dotarlo di reti di riscaldamento, grandi condotti in mattoni che fece passare sotto il pavimento. Scoprì allora otto frammenti lapidei di un pontile-tramezzo (jubé, una sorta di muro sormontato da un palco, ndr), ovvero una “recinzione” che separava il coro dalla navata, i sacerdoti dai fedeli. Alcuni frammenti sono esposti al Louvre. Con nostro stupore, ad appena dieci centimetri sotto la superficie del suolo, sono apparsi da cinquanta a cento frammenti di questo jubé, e potrebbero essercene anche di più. Per una ragione che ignoriamo, questa struttura del XIII secolo, smantellata nel XVIII secolo, era conservata qui in pezzi. Abbiamo già trovato due teste, mani, piedi, colonnine in pietra, dipinte in vari colori, alcune con foglia d’oro, altre in blu, con lapislazzuli. Una scoperta eccezionale secondo gli specialisti. È inaspettata e straordinaria per la quantità di questi frammenti, per l’ottimo stato di conservazione e per la qualità delle sculture. Bisognerà avviare studi, che forse permetteranno una riproduzione digitale, in 3D, di questa monumentale recinzione.

Avete anche portato alla luce una bara. Cos’ha di unico?
La scoperta dei sarcofagi non sorprende di per sé, perché tutte le chiese contengono sepolture. A Notre-Dame sono ovunque, nella navata, nel coro, nelle navate laterali. Esistono registri che ne elencano circa quattrocento. Nel nostro sito di scavo ne abbiamo quindi trovate cinque o sei, di cui una in piombo, cosa piuttosto rara dal punto di vista archeologico, anche se diverse erano state scoperte già nell’Ottocento durante i lavori di Viollet-le-Duc. Questa però – peraltro di forma antropomorfa – potrebbe risalire al XIV secolo.
Sappiamo chi c’è dentro?
Questo materiale era riservato a un’élite, quindi è probabile che si tratti di un ecclesiastico o di un laico di alto rango. C’erano tre perforazioni, una a livello della testa, due a livello del torso: fortunatamente, una troupe cinematografica presente sul posto per filmare gli scavi ci ha prestato una telecamera endoscopica, che ci ha rivelato lo scheletro. E, sotto il cranio del defunto, un piccolo cuscino di foglie, forse di bosso o di alloro, oltre a frammenti di materiale tessile e materia organica sulle ossa. Ma non avremo informazioni affidabili, né saremo in grado di identificare la persona, finché non apriremo la bara in laboratorio. È anche una misura di conservazione, poiché questo sarcofago non avrebbe resistito al peso dell’impalcatura.
Si aspettava tante scoperte su un quadrato di appena dieci metri per dieci?
Siamo in un’area archeologica estremamente sensibile, nel cuore di Parigi e nel cuore di Notre-Dame. L’Ile de la Cité rappresenta il centro storico della capitale, dell’antica Lutezia. Il nostro settore di scavo – proprio all’incrocio tra il transetto e il coro – è quindi altamente simbolico. Quindi, sì, ci abbiamo creduto!







Ministero della cultura francese (1)