
Ha suscitato una grande eco mediatica l’annuncio dei ricercatori cinesi della riscoperta di un nuovo fossile del genere Homo. La morfologia è simile a quella dell’Homo Sapiens, ed è stato datato tra i 146.000 e i 309.000 anni fa. Non è chiaro a quale specie umana appartenga, e per il momento la datazione del DNA non è prevista. I paleoantropologi cinesi l’hanno ufficialmente denominato “Homo longi” (long significa drago in mandarino), ma vista la forte somiglianza con il fossile di Dali scoperto nel 1978, potrebbe essere un Homo daliensis. Secondo numerosi ricercatori, tra cui il celebre Chris Stringer, potrebbe trattarsi di un eccezionale fossile di uomo di Denisova, un parente dell’Homo Sapiens i cui geni sopravvivono ancora in una parte della popolazione odierna.
Storia della scoperta
Durante l’occupazione giapponese del nord della Cina, quasi 90 anni fa, i soldati fecero costruire un ponte sul fiume Songhua nella città di Harbin utilizzando operai cinesi. Un giorno uno di loro trovò un tesoro: un teschio umano straordinariamente completo sepolto nella riva del fiume. Senza farsi vedere, prese il pesante cranio e lo nascose in un pozzo per impedire ai giapponesi di trovarlo. Oggi, il teschio è finalmente uscito dal nascondiglio e ha un nuovo nome: Uomo dragone, un nuovo membro della famiglia umana, vissuto più di 146.000 anni fa.
L’ipotesi cinese: una nuova specie
In tre articoli sulla rivista The Innovation, il paleontologo Qiang Ji (Università GEO di Hebei) e la sua squadra chiamano la nuova specie Homo longi. Sulla base dei dati morfologici (forma, dimensioni, ecc.) – ma non dei dati molecolari (DNA) – i cinesi affermano che la nuova specie sia il gruppo fratello dell’Homo sapiens, ovvero la specie (o meglio il taxon) più vicina all’Homo Sapiens. Più vicina a noi rispetto ai Neanderthal, insomma.
L’ipotesi occidentale: un Denisova
Altri ricercatori mettono in discussione l’idea di una nuova specie e dell’albero genealogico del genere umano elaborato dai cinesi. Il grande teschio rimarrebbe qualcosa di ugualmente emozionante: il cranio a lungo cercato di un Denisoviano, un antenato umano vissuto in Asia tra i 280.000 e i 55.000 anni fa, noto principalmente dal DNA. Ad oggi gli unici fossili di Denisova chiaramente identificati sono un osso di mignolo, denti e un po’ di ossa del cranio proveniente dalla grotta di Denisova. La paleoantropologa Marta Mirazón Lahr dell’Università di Cambridge, non coinvolta nella ricerca, è “scettica riguardo le affermazioni sui gruppi fratelli degli umani”. Ma lei e altri scienziati sono entusiasti della scoperta. «È un teschio meraviglioso, penso che sia il miglior cranio di un Denisoviano che avremo mai», afferma il paleoantropologo Jean-Jacques Hublin dell’Istituto Max Planck per l’Antropologia Evolutiva.
Datazione
Lo splendido teschio è stato portato alla luce dai nipoti dello scopritore cinese, che lo hanno recuperato in un pozzo dopo che il nonno ne aveva parlato sul letto di morte. Lo hanno donato al Museo di geoscienze dell’Università GEO di Hebei. L’uomo è morto prima che si potesse chiedergli con precisione dove avesse trovato il fossile. Senza un contesto geologico, Ji ha coinvolto diversi ricercatori per aiutare a datare il cranio. Nathan (Università di Griffith), il geocronologo Rainer Grün e altri colleghi hanno associato gli isotopi di stronzio nei sedimenti incrostati nelle sue cavità nasali a uno specifico strato di sedimenti attorno al ponte, datato tra 138.000 e 309.000 anni fa. La datazione uranio-torio sull’osso gli danno anche un’età minima di 146.000 anni.
Caratteristiche fisiche
Successivamente, i ricercatori hanno cercato di identificare il cranio. Il paleoantropologo Xijun Ni dell’Accademia cinese delle scienze e dell’Università GEO, che ha diretto la ricerca, era inizialmente perplesso: il massiccio cranio aveva un cervello di dimensioni paragonabili a quello degli uomini moderni. Ma non poteva essere un membro di Homo sapiens perché aveva orbite più grandi, quasi quadrate, arcate sopraccigliari spesse, una bocca larga e un enorme dente molare.

L’analisi dei cinesi
«È opinione diffusa – spiega Ni – che i Neanderthal siano i parenti più stretti della nostra specie. Tuttavia, la nostra scoperta suggerisce che il nuovo lignaggio da noi identificato, che include l’Homo longi, sia il gruppo fratello dell’Homo Sapiens». Per arrivare a questa conclusione, Ni ha utilizzato una metodologia statistica al computer per confrontare oltre 600 tratti fisici del cranio con 55 tratti di 95 fossili (crani, mascelle, denti) del genere Homo di tutto il mondo. L’albero genealogico ottenuto contiene quattro gruppi principali: Sapiens; Harbin/cinese; Neanderthal e Heidelbergensis. All’interno del gruppo di fossili cinesi, il nuovo cranio era più strettamente correlato alla mandibola di Xiahe, rinvenuta sull’altopiano del Tibet (Cina).
I problemi dell’analisi dei cinesi
«Quando ho visto questa analisi, sono quasi caduto dalla sedia», ha aggiunto Hublin. Diversi scienziati infatti si chiedono: “Come possono dire che il cranio scoperto sia strettamente correlato alla mascella di Xiahe, dato che non ci sono tratti sovrapposti da confrontare poiché il cranio non ha mandibola?”. E comunque le proteine della mandibola di Xiahe, così come l’antico DNA nei sedimenti della grotta, suggeriscono fortemente che si trattasse di un Denisova.
Inoltre, gli studi del DNA hanno già stabilito che gli esseri umani moderni sono più strettamente imparentati con i Neanderthal rispetto ai Denisova; se la mascella di Xiahe proviene davvero da un Denisoviano, il parente più prossimo del nuovo cranio è probabilmente un Neanderthal, non l’Homo sapiens. «È prematuro nominare una nuova specie, in particolare un fossile senza contesto, con contraddizioni nel set di dati», afferma María Martinón-Torres, paleoantropologa del CENIEH, il Centro nazionale per la ricerca sull’evoluzione umana in Spagna.
Anche l’enorme, “strano” molare del nuovo cranio si adatta ai molari di Denisova, afferma Bence Viola, paleoantropologa dell’Università di Toronto che li ha analizzati con Hublin. In verità, nonostante i proclami dei media, i cinesi nel loro studio non escludono che possa essere un Denisoviano. Chris Stringer, famoso paleoantropologo del Museo di storia naturale di Londra e coautore di due dei documenti, lo dice direttamente: «Penso che sia probabilmente un Denisoviano».
L’esame del DNA potrebbe fugare i dubbi, ma la sua estrazione non è prevista perché i cinesi non vogliono rischiare di distruggere il dente o un altro osso per ottenerlo.

(@ The Innovation)

L’opinione di Chris Stringer
Stringer era stato invitato ad unirsi alla ricerca nel 2019. «Il cranio è quasi intatto ma con un solo molare conservato. È di dimensioni enormi, il volume endocrariale misura ~1420 ml. ha un’arcata sopraccigliare prominente mentre fronte, palato e naso sono molto ampi. Il viso è corto di altezza con zigomi delicati e ritratto sotto la volta cranica, più simile all’Homo sapiens. Tuttavia la scatola cranica ha un profilo chiaramente arcaico – lunga, corta e senza la forma sferica tipica della nostra specie. Il processo mastoideo sono comunque larghi e la parte posteriore del cranio non mostra l’osso occipitale angolato […] visibile negli adulti di Homo heidelbergensis. Da dietro, il cranio è molto ampio […], manca dell’espansione parietale superiore degli Homo sapiens e la forma quasi sferica e fossa soprainiaca riscontrata nella maggior parte dei Neanderthal. I paleoantropologi come me usano spesso certi tratti fisici per verificare le somiglianze tra fossili umani. Tuttavia, Xijun Ni e i colleghi dell’Accademia Cinese delle Scienze hanno applicato l’analisi filogenetica. Questi sono ampiamente utilizzati nella biologia evolutiva e spesso impiegano una serie di tecniche matematiche per creare dei diagrammi di ramificazioni che rappresentano le relazioni evolutive tra specie o organismi diversi. Questa analisi filogenetica è stata applicata a 95 fossili del genere Homo e a oltre 600 tratti metrici e morfologici del cranio, rivelando 3 principali cladi (gruppi con un antenato comune, ndr) del tardo Pleistocene umano: Homo sapiens, Homo neanderthalensis e un gruppo contenente Harbin e altri fossili cinesi come Dali, Jinniushan e Xiahe. Sorprendentemente, il clade di Harbin è stato associato prima all’Homo sapiens e non all’Homo neanderthaliensis. L’Homo heidelbergensis è stato posizionato fuori da questi tre cladi. […] In studi così ampi è inevitabile che non tutta la squadra sia necessariamente d’accordo con le opinioni espresse nelle pubblicazioni. Per esempio, penso che la calibrazione genetica sia importante per stabilire i tempi di “ramificazione” nell’evoluzione umana, e mentre concordo sul fatto che il gruppo di Harbin richieda un nome di specie distinto, preferirei mettere insieme i fossili di Harbin e Dali come Homo daliensis. Considero anche Harbin come un possibile Denisoviano, sebbene ci sia molto lavoro da fare al riguardo. Queste differenze di opinione non dovrebbero però togliere l’attenzione dallo straordinario nuovo pezzo del puzzle dell’evoluzione umana, un fossile che continuerà ad aggiungere importanti informazioni per molti anni a venire».
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Da appassionato autodidatta di civiltà europee e Asia sino-siberiana, europea e scitica dal 25.000 a.c. al 400 a.c. consentitemi di suggeririvi di “allargarvi” alla potente e poderosa Civiltà Nuragica (non sono sardo, sono lombardo) oltrechè alle civiltà megalitiche della Sardegna, del resto della nostra amata Italia e del resto del continente europeo. Mondi incredibili
Saluti
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