
Gli esploratori marini hanno casualmente scoperto ben 41 relitti di navi, in buone condizioni, sul fondo del Mar Nero.
L’eccezionale scoperta è opera di una squadra di archeologi marittimi, che stava scansionando il fondale marino per uno studio sull’ultima era glaciale.
Il Black Sea Maritime Archaeology Project ha identificato i tipi di navi, alcune risalenti a migliaia di anni fa, appartenute agli imperi ottomano e bizantino.

Molte di queste navi sono note nella documentazione storica, ma finora non se ne era trovata traccia.
Il professore di archeologia Jon Adams (Università di Southampton), ha dichiarato: «I relitti sono [una cosa inaspettata], una affascinante scoperta trovata nel corso delle nostre estese indagini geofisiche».
I due veicoli
Il team ha trovato le navi al largo della costa della Bulgaria, mentre stava usando due nuovi veicoli subacquei comandati in remoto (ROV) per scansionare il fondo del mare.
Uno è equipaggiato con una fotocamera ad alta risoluzione, che può scansionare il fondale per produrre immagini 3D.
L’altro è disegnato per “volare” alla velocità record di 6 nodi, ed è equipaggiato con luci e uno scanner laser. Finora è stata coperta una distanza totale di 777 miglia a una profondità di 1.800 metri.

La zona morta
Le navi sono così ben conservate perché giacciono nella cosiddetta “zona morta” del mar Nero, che comincia a 150 metri di profondità. A tale profondità, nessuna forma di vita può sopravvivere per la mancanza di ossigeno e luce.
Il team ha prodotto migliaia di immagini dei relitti, prima di costruire dei modelli 3D perfetti. Le scoperte getteranno luce su come questi antichi imperi abbiano usato il mare per secoli.
Tecnologie non invasive
Il prossimo passo sarà analizzare le navi il più possibile prima di toccarle. Dopo, cercheranno con molta attenzione di portare in superficie qualunque cosa si trovi al loro interno.
«Usando le ultime tecnologie 3D per le strutture subacquee, siamo stati in grado di catturare alcune straordinarie immagini senza disturbare il fondale», dice il professor Adams. «Ora siamo tra i migliori esponenti di questa metodologia, e certamente nessuno ha ottenuto dei modelli di questa completezza per dei relitti a queste profondità».




