Il più grande tesoro di monete medievali d’oro scoperte in Israele è stato trovato sul fondale marino dell’antico porto di Cesarea. All’inizio, i subacquei del diving club avevano pensato di aver trovato la moneta di un giocattolo. Solo in un secondo momento si sono resi conti di ciò che avevano davanti, e dove aver raccolto alcune monete, sono andati a informare l’Autorità Israeliana per le Antichità.
Ritornati sul posto con l’Unità di Archeologia Marina, i subacquei armati di metal detector hanno portato alla luce quasi 2.000 monete d’oro di diversi tagli: un dinar, mezzo dinar e quarti di dinar, di varie dimensioni e pesi.

Secondo Kobi Sharvit, direttore dell’Unità di Archeologia Marina, “La scoperta di un tale bottino di monete, che nel passato doveva valere moltissimo, apre a diverse possibilità sulla sua presenza in fondo al mare. Probabilmente c’è il relitto di una nave che stava trasportando i soldi delle tasse verso il governo centrale in Egitto. O forse il tesoro di monete doveva pagare i salari della guarnigione militare fatimide che era stazionata a Caesarea e proteggeva la città. Un’altra teoria è che il tesoro appartenesse a una grande nave mercantile che commerciava con le città costiere e affondò lì”.
Gli israeliani sperano che gli scavi che verranno condotti potranno chiarire il contesto archeologico, e rispondere alle molte domande.


Secondo Robert Cole, esperto di numismatica per l’Autorità Israeliana per le Antichità, “le monete sono in eccellente stato di conservazione, e nonostante siano state sul fondo del mare per un migliaio di anni, non hanno bisogno di alcuna pulitura o intervento di conservazione di un laboratorio metallurgico. Questo è dovuto al fatto che l’oro è un metallo nobile e non è interessato da aria o acqua. Questi tipi di monete rimasero in circolazione anche dopo la conquista dei crociati, in particolare nelle città portuali, luoghi di commercio internazionale. Inoltre, molte monete rinvenute erano piegate e mostrano segni di morsi e denti, prova che furono “fisicamente” controllati dai proprietari. Altre monete recano segni di consumo e abrasione per l’uso, mentri altre sembrano essere state appena coniate.
Un ringraziamento particolare va ai quattro subacquei che hanno scoperto il tesoro e informato le autorità: Tzvika Feuer, Kobi Tweena, Avivit Fishler, Yoav Lavi and Yoel Miller. “Questi subacquei sono cittadini modello”, dice Kobi Sharvit. “Hanno scoperto l’oro e hanno avuto un cuore d’oro verso il paese e la sua storia […] In questo caso i subacquei hanno riferito la scoperta; ma in molti casi i subacquei si portano gli oggetti a casa e così si perdono le informazioni archeologiche per sempre”.

La moneta più antica è un quarto di dinar, coniato a Palermo nella seconda metà del IX secolo d.C. La maggior parte delle monete comunque appartiene ai califfi fatimidi Al-Ḥākim (996 – 1021 d.C.) e suo figlio Al-Ẓāhir (1021 – 1036), e furono coniate in Egitto e Nord Africa. Dato che non vi sono monete delle dinastie islamiche orientali, si può affermare che si tratta di un tesoro fatimide.
Il ritrovamento di monete islamiche è molto importante per la storia della regione. Il viaggiatore e geografo Ibn Jubayr scrisse che i residenti musulmani dovevano pagare il governo fatimide la metà della loro produzione agricola alla raccolta, oltre a una tassa individuale di un dinar e cinque carati (24 carati equivalevano a un dinar, da cui il metodo usato per misurare l’oro secondo i carati).
Oppure dei documenti della Geniza del Cairo dell’XI-XII secolo d.C. parlano, tra le altre cose, del riscatto di prigionieri, tra cui ebrei di Ascalona, che furono trasferiti in Egitto. Secondo quei documenti, la comunità ebraica pagò una somma di circa 500 dinar d’oro per riscattarli e farli tornare in Israele.



naturalmente le monete non riportavano l’immagine del califfo, il che sarebbe stato una bestemmia, ma la basmala di regola, ovvero la formula “in nome di Dio, Clemente, Misericordioso”, con cui si aprono le sure del Corano e che ancora oggiimusulmani usano per introdurre un rito o una cerimonia anche laica.
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