
Armi in bronzo, un braccialetto d’argento, un orecchino e centinaia di ossa umane trovati nei pressi di una caverna nel deserto del Sahara potrebbero essere i resti dell’esercito – forte di 50000 uomini – del re persiano Cambise II, seppellito da una tempesta di sabbia (il khamsin) nel 525 a.C.
Lo storico greco Erodoto racconta che Cambise, figlio di Ciro il Grande, mandò 50000 soldati da Tebe per attaccare l’oasi di Siwa e distruggervi l’oracolo nel Tempio di Amon. Ma dopo aver camminato nel deserto per sette giorni, aver sostato in un’oasi (forse El-Kharga) ed essere ripartiti, nessuno li rivide più.
Da allora, le ricerche dei resti di quell’armata si sono rivelate più o meno deludenti o contrastanti.
Ora però i fratelli Angelo e Alfredo Castiglioni (famosi per aver scoperto 20 anni fa la città d’oro Berenice Pancrisia) hanno finalmente mostrato le loro scoperte: nel documentario “L’armata scomparsa di re Cambise” mostrano infatti i risultati di 13 anni di ricerca e 5 spedizioni nel deserto.
Castiglioni dice: “Parliamo di piccoli oggetti, ma estremamente importanti dato che sono i primi di epoca achemenide, e quindi dei tempi di Cambise, emersi dalle sabbie del deserto in un luogo piuttosto vicino a Siwa”.
I Castiglioni hanno ipotizzato che l’esercito abbia percorso un tragitto diverso da quello che finora si è sostenuto: non attraverso la “via delle oasi”, una carovaniera che passa per Dakhla e per Farafra

ma, partendo da El Kharga, si diressero verso occidente, all’altopiano roccioso di Gilf El Kebir, passando per il Uadi Abd el Melik, e puntando poi a nord diretti a Siwa.

Castiglioni spiega: “Questa rotta ha il vantaggio di prendere i nemici da dietro. Per di più, l’esercito avrebbe potuto marciare indisturbato. Al contrario, dato che le oasi sull’altro percorso erano controllate dagli Egizi, l’armata avrebbe dovuto combattere ad ogni oasi”.
A conferma di quest’ipotesi, sono stati trovati sul tragitto “alternativo” degli alamat (cumuli di pietre per orientarsi), sorgenti oggi essiccate e pozzi artificiali fatti di centinaia di anfore per l’acqua datati a 2500 anni fa e sepolti nella sabbia. Queste fonti avrebbero potuto rendere possibile una marcia nel deserto.
I Castiglioni hanno individuato anche un altro elemento: sulle antiche mappe, Siwa era indicata nel posto sbagliato – a un centinaio di km più a Sud rispetto alla realtà. Forse i soldati furono sorpresi dalla tempesta proprio quando erano convinti di essere vicini alla meta: alcuni trovano rifugio nelle grotte, altri si dispersero e altri ancora potrebbero aver raggiunto il lago Sitra – sopravvivendo.
Qui le immagini dei ritrovamenti.
Un estratto del documentario:
Il servizio di Discovery:
Qui un servizio di La7.
Qui un intervista ai Castiglioni.
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