Ai piedi del Partenone, è stato finalmente aperto il nuovo museo dell’Acropoli. Ci sono voluti 30 anni, tre concorsi nazionali e uno internazionale per realizzare il progetto. I greci volevano qualcosa che parlasse per le sue opere, non per se stessa.
La struttura, a tre piani, è stata a dir poco un’impresa: oltre a rallentamenti nei lavori a causa di manifestazioni, ci sono state non poche scoperte nel terreno in cui si è scavato. L’architetto Bernard Tschumi e l’archeologo Dimitrios Pandermalis hanno collaborato a lungo insieme per evitare che le 100 colonne d’acciaio su cui si erge il complesso, potessero danneggiare le rovine sottostanti.
Il museo è pensato per riflettere la storia di Atene. I grandi corridoi sono bagnati dalla luce, e le grandi scale centrali imitano la scalata che porta all’Acropoli.
I primi due piani rappresentano l’età classica, fondatrice della civiltà occidentale.
Il terzo è particolare: oltre ad essere orientato col Partenone, le opere in marmo presenti sono affiancate a copie in gesso di originali conservati al British Museum.
17 statue dal frontone, 15 metope, 75 metri di fregi e oggetti presi un po’ ovunque nell’Acropoli furono rubati ai greci col permesso delle autorità ottomane e rivenduti al British Museum da Thomas Bruce, settimo conte di Elgin e ambasciatore britannico di inizio ‘800. La questione è irrisolta: per la legge britannica i pezzi sono stati venduti regolarmente; per la Costituzione greca, tutte quelle opere sono di proprietà loro, e a casa devono tornare.
L’ultima proposta di accordo del British è di una settimana fa: prestito di tre mesi in cambio del riconoscimento della proprietà. Impossibile.