I segreti del cemento Romano

I segreti chimici del cemento di un molo romano, che ha trascorso gli ultimi 2.000 anni sommerso nel Mar Mediterraneo, sono stati scoperti da un team internazionale di ricercatori.

L’analisi dei campioni ha spiegato perché il miglior cemento romano era superiore al più moderno calcestruzzo in termini di durata, perché la sua produzione era meno dannosa per l’ambiente, e di come questi miglioramenti potrebbero essere adottati nel mondo moderno.

“Non è che il calcestruzzo moderno non sia buono – è così buono che ne utilizziamo 19 miliardi di tonnellate di un anno”, dice Paulo Monteiro del Lawrence Berkeley National Laboratory. “Il problema è che la produzione di cemento “Portland” conta per il 7% del diossido di carbonio che l’industria diffonde nell’aria”.

(Lawrence Berkeley National Laboratory)
(Lawrence Berkeley National Laboratory)

“A metà del XX secolo, le strutture in calcestruzzo erano progettate per durare 50 anni, e molte di loro sono limitate nel tempo”, dice Monteiro. “Ora progettiamo edifici per durare da 100 a 120 anni”. Eppure le installazioni portuali romane sono sopravvissute 2.000 anni a onde e attacchi chimici.

(Lawrence Berkeley National Laboratory)
(Lawrence Berkeley National Laboratory)

Il segreto?

Per produrre il moderno cemento Portland è necessario riscaldare una miscela di calcare e argille a 1.450 gradi Celsius. I Romani, invece, ottenevano calce viva bruciando pietra calcarea a 900˚ C o meno, il che richiede molta meno energia del Portland. Una volta “spenta” con l’acqua, la mescolavano con la cenere vulcanica (pozzolana): la malta che ne risultava veniva ancora mescolata col tufo vulcanico e poi posta in forme di legno. L’acqua di mare immediatamente innescava una reazione chimica a caldo. La calce veniva idratata – incorporando molecole di acqua nella sua struttura – e reagiva con la cenere per cementare l’intera miscela insieme.

A differenza del Portland, il campione esaminato, proveniente dal porto di Baia, nel Golfo di Napoli, conteneva alluminio e meno silicio. E la composizione calcio-alluminio-silicato-idrato è un legante eccezionalmente stabile.

Le descrizioni della cenere vulcanica sono sopravvissute dai tempi antichi. Già Vitruvio e più tardi Plinio il Vecchio scrissero che il miglior cemento marittimo era fatto con la cenere dalle regioni vulcaniche del golfo di Napoli, in particolare dai siti nei pressi dell’odierna Pozzuoli.

Lawrence Berkeley National Laboratory

4 pensieri su “I segreti del cemento Romano

  1. Dai romani, non si finisce mai di imparare! Anche le loro strade durano da migliaia di anni, preferisco non parlare invece di quelle “recentissime” del mio paese!

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    1. Stiamo scherzando ?
      Le malte o i calcestruzzi no sono una invenzione o scoperta romana ma esistevano da secoli nell’area mediterranea e tricontinentale: Asia, Africa, Europa.
      Come le strade, i ponti e li acquedotti che non sono certo un’invenzione romana.

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      1. Non credo che l’articolo dica che le strade i ponti o gli acquedotti li abbiano inventati i romani, (l’arco però sì) certo è che loro in ingegneria civile hanno insegnato e insegnano davvero a tutti; ed è un dato di fatto che i loro acquedotti ponti strade e cemento durino ancora oggi e siano perfettamente efficienti dopo più di 20 secoli! Non è campanilismo ma l’impero romano abbracciava tutta l’area mediterranea e non, dall’Inghilterra all’Africa, dal Portogallo all’Asia e i loro ingegneri erano imbattibili.

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  2. L’arco era in uso in Mesopotamia ben prima dell’avvento dell’Impero Romano, come dimostrano l’arco d’ingresso della ziggurat di Choqa zanbil in Iran, le porte d’ingresso dei palazzi assiri e la Porta di Ishtar a Babilonia, tanto per citare gli esempi più noti. Anche il cemento non è assolutamente un’invenzione esclusiva romana, anzi: le popolazioni italiche, in particolare gli Apruzii, conoscevano le proprietà idrauliche delle pozzolane abbinate alla calce, come già pure gli Hatti e gli Ittiti (che, a dispetto delle male interpretazioni e dei brutti sunti da abbecedario scadente diffusi per ogni dove, non sono affatto la stessa popolazione) in Anatolia; gli Egizi utilizzavano una sorta metacaolino (argilla calcinata a bassa temperatura) per creare con calce e/o gesso e degli aggregati di varia origine lapidea dei geopolimeri monolitici strutturalmente e visivamente identici alla pietra. I Romani hanno avuto due grandi meriti: hanno saputo raccogliere e standardizzare le tradizioni tecnologiche locali, diffondendole in tutta Europa e nel Mediterraneo; hanno creato il moderno concetto di spazio antropico, che non ha bisogno di armonizzarsi con l’ambiente preesistente (in tal senso, basta citare il Teatro di Marcello a Roma, che non ha bisogno di un costone roccioso su cui sorgere come ad esempio il Teatro di Epidauro, l’Anfiteatro Flavio e/o l’Arena di Verona, i complessi termali di Caracalla e Diocleziano a Roma). Ovviamente anche i Romani, quando richiesto da particolari esigenze, sapevano integrare le loro opere con l’ambiente circostante (es. il complesso Pantheon, Augusteo, gnomone, Ara Pacis).

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