L’ultimo eccezionale ritrovamento a Pompei è la sepoltura di Marco Venerio, un ex schiavo pubblico e custode del tempio di Venere, divenuto in tarda età un sacerdote Augustale. La sua tomba risale agli ultimi decenni di vita della città (I secolo d.C.). Reca la sua epigrafe e conserva pitture di piante verdi su sfondo blu. I suoi resti si sono mummificati, capelli e un orecchio sono ancora visibili. La tomba si trova presso la necropoli di Porta Sarno, a est di Pompei.
Chi era Marco Venerio
Il personaggio di Marcus Venerius Secundio compare anche nell’archivio di tavolette cerate del banchiere pompeiano Cecilio Giocondo, proprietario della domus omonima in via Vesuvio. Era uno schiavo pubblico e custode del tempio di Venere, un tempio molto importante perché proprio a Venere i Romani avevano intitolato la città. Dopo esser stato liberato, raggiunse un certo status sociale ed economico, come emergerebbe non solo dalla tomba piuttosto monumentale, ma anche dall’epigrafe: oltre a diventare augustale, ovvero membro del collegio di sacerdoti dediti al culto imperiale, “diede ludi greci e latini per la durata di quattro giorni”. «I ludi graeci sono gli spettacoli in lingua greca – commenta il direttore del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – è la prima testimonianza certa di esibizioni a Pompei in lingua ellenica, ipotizzate in passato sulla base di indicatori indiretti. Abbiamo qui un’altra tessera di un grande mosaico, ovvero la Pompei multietnica della prima età imperiale, dove accanto al latino è attestato il greco, all’epoca la lingua franca del Mediterraneo orientale».

MARCUS VENERIUS COLONIAE
LIBERTUS SECUNDIO AEDITUUS
VENERIS AUGUSTĀLIS ET MINISTER
EŌRUM HIC SOLUS LŪDOS GRAÉCOS
ET LATINOS QUADRIDUO DEDIT
(Testo latino senza abbreviazioni)
MVENERIVSCOLONIAE
LꟾBSECVNDIOAEDITVVS
VENERIS · AVGVSTÁLISETMIN
EÓRVM · HICSOLVSLV́DOSGRAÉCOS
ETLATꟾNOSQVADRIDVODEDIT
(Testo originale latino)
La sepoltura
Non meno eccezionale dell’iscrizione risulta la sepoltura di Marco Venerio Secundio. Si tratta di uno degli scheletri meglio conservati ritrovati nella città antica. Il defunto fu inumato in una piccola cella di 1,6 x 2,4 metri dietro la facciata principale. Nella restante parte del recinto sono state trovate due urne funerarie. Una in vetro, di pregevole qualità, contiene le ceneri di una donna di nome Novia Amabilis, forse la moglie. Nella fase romana di Pompei, il rito funerario prevedeva di norma l’incinerazione, mentre solo i bambini piccoli venivano inumati. La sepoltura di Marco Venerio è dunque altamente insolita anche per il rito funerario adottato, considerando che si trattava di un uomo adulto di più di 60 anni. Da una prima analisi delle ossa, non sembra avesse mai svolto lavori pesanti.
Mummificato?
La camera funeraria è rimasta ermeticamente chiusa, creando le condizioni per lo stato di conservazione eccezionale in cui è stato trovato lo scheletro, con capelli e un orecchio ancora visibili. Vi erano anche due unguentaria in vetro e numerosi frammenti di ciò che sembra un tessuto. «Bisogna ancora comprendere se la mummificazione parziale del defunto sia dovuta a un trattamento intenzionale o meno – spiega il professor Llorenç Alapont dell’Università di Valencia – In questo l’analisi del tessuto potrebbe fornire ulteriori informazioni. Dalle fonti sappiamo che determinati tessuti come l’asbesto venivano utilizzati per l’imbalsamazione. Anche per chi come me si occupa di archeologia funeraria da tempo, la straordinaria ricchezza di dati offerti da questa tomba, dall’iscrizione alle sepolture, ai reperti osteologici e alla facciata dipinta, è un fatto eccezionale, che conferma l’importanza di adottare un approccio interdisciplinare, come l’Università di Valencia e il Parco Archeologico hanno fatto in questo progetto».
Progetti futuri
I resti umani e organici sono stati trasportati al Laboratorio di Ricerche Applicate nel sito di Pompei per l’analisi e la conservazione. Il Parco Archeologico ha avviato una serie di interventi di messa in sicurezza della necropoli di Porta Sarno. La necropoli attualmente non è visitabile in quanto ubicata al di là della linea ferroviaria della Circumvesuviana, ma il Parco ha avviato uno studio di fattibilità per includerla nell’area aperta al pubblico. Lo scavo è coordinato dal professore Llorenç Alapont, mentre come funzionari responsabili del Parco Archeologico sono intervenute l’archeologa Luana Toniolo, la restauratrice Teresa Argento e l’antropologa Valeria Amoretti.
Grazie per dare la notizia con ordine ed abbondanza di materiale documentale.
Ma ho le traveggole io oppure siamo in presenza di un liberto “pubblico”?
Meriterebbe anche una riflessione l’apprezzamento paleografico, testuale e di impaginato dell’iscrizione. Alzi la mano chi fra i Colleghi, vedendo solo l’epigrafe avrebbe pensato su due piedi ad un contesto di datazione così precoce (con associazione a rito ad inumazione, poi).
Peccato solo che come da un po’ di tempo sta tornado ad accadere -rispetto ad un passato che si credeva ormai lontano- le informazioni diffuse ufficialmente dagli organi competenti mirino molto più a solleticare curiosità spettacolari ed anche un po’ necrofile che a spiegare con rigore come si sta operando dal punto di vista dell’intervento stratigrafico (magari con fretta ad andare sullo scheletro rispetto alla puntigliosa messa in luce dei piani di calpestio in fase, esterni all’inumazione o esterni persino al recinto sepolcrale).
D’altra parte se questo viene scelto di mettere a disposizione dell’opinione pubblica, a maggior ragione dobbiamo essere grati a questo sito per la presentazione sobria e puntuale.
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