Le prime tracce di verdure cotte trovate nel Sahara

(Missione Archeologica nel Sahara. Sapienza Università di Roma)
(Missione Archeologica nel Sahara. Sapienza Università di Roma)

Quando immaginiamo i cacciatori-raccoglitori neolitici, probabilmente pensiamo a delle persone che mangiano all’aperto dei grossi pezzi di carne intorno a un fuoco. Ma la verità è che in molti, 10.000 anni fa, mangiavano più verdure e cereali che carne.

I ricercatori dell’Università di Bristol e della Sapienza di Roma, con la collaborazione delle Università di Milano e Modena, hanno fatto questa scoperta dopo un’analisi chimica approfondita su 110 frammenti di ceramica trovati nel deserto del Sahara in Libia; all’epoca, la regione era un’umida savana piena di laghi, greggi di animali e una vegetazione rigogliosa.

Il campo allestito durante la campagna di scavi nel Sahara Libico (Missione Archeologica nel Sahara. Sapienza Università di Roma)
Il campo allestito durante la campagna di scavi nel Sahara Libico (Missione Archeologica nel Sahara. Sapienza Università di Roma)

La ceramica è stata scavata in due siti archeologici: la grotta di Uan Afuda e quella di Takarkori. Entrambe furono abitate per diverse migliaia di anni, tra l’8.200 e il 6.400 a.C. Entrambi i siti furono occupati brevemente dopo l’invenzione della ceramica resistente al calore, avvenuta in Africa 10.000 anni fa (in Asia c’era già da 4.000 anni prima). Questi resti rivelano l’emergere di un’innovazione culturale chiave: la cucina e la preparazione delle verdure nelle pentole d’argilla.

Come i ricercatori scrivono in uno studio sulla rivista scientifica Nature Plants, “il 54% dei residui totali recuperati dai recipienti sono di origine vegetale, mentre il resto comprende grassi animali o mix di prodotti animali e vegetali”. Questa “alta frequenza di trasformazione di vegetali” è unica nell’ambito delle ceramiche preistoriche. Alcune delle pentole furono usate per i cereali e per la frutta, mentre altre avevano resti di foglie e steli. La maggior parte delle piante sembrano essere acquatiche, raccolte dalle rive di laghi e fiumi, insieme a delle erbe dalla terraferma.

Le pentole sembrano essere state usate per diversi scopi, dall’immagazzinamento alla trasformazione di cereali e alla cottura. I cuochi preistorici di Uan Afuda e Takarkori potrebbero aver prodotto del pane o degli impasti di cereali, oltre a degli stufati e forse persino degli sciroppi.

Uno dei reperti che hanno permesso di ricostruire la data delle prime verdure cotte (Missione Archeologica nel Sahara. Sapienza Università di Roma)
Uno dei reperti che hanno permesso di ricostruire la data delle prime verdure cotte (Missione Archeologica nel Sahara. Sapienza Università di Roma)
Pittura rupestre che rappresenta una figura umana che raccoglie piante (Missione archeologica nel Sahara, Sapienza Università di Roma)
Pittura rupestre che rappresenta una figura umana che raccoglie piante (Missione archeologica nel Sahara, Sapienza Università di Roma)

Nonostante questi progressi, la cucina preistorica comportava un’enorme lavoro. L’archeologa Rana Özbal (Università Koç, Istanbul), non coinvolta nello studio, ha spiegato che i cuochi neolitici gettavano delle pietre riscaldate nelle pentole per scaldare il loro cibo. Tutto ciò era possibile grazie a dei recipienti di ceramica resistenti al calore. Potevano così mangiare dei vegetali che prima, essendo crudi, non erano commestibili.

Il cambiamento culturale che ne seguì fu ancora più importante. Una volta in grado di mangiare una gran varietà di piante, gli esseri umani poterono stabilirsi in un posto e cominciare ad allevare animali domestici. Potevano sostenersi con le risorse della terra, e potevano svezzare prima i bambini grazie ai cibi più teneri e cotti. Le donne potevano avere più bambini i quali avevano più possibilità di sopravvivere.

Lo stile di vita sedentario di cui gode la maggior parte degli uomini d’oggi cominciò nelle grotte come quella di Uan Afuda, grazie a nuove tecnologie di cucina. Detto altrimenti, poter mangiare una grande varietà di verdure fu il primo passo dell’umanità verso la civiltà moderna.

Resti archeobotanici dalla grotta di Takarkori, di 9.500 anni fa circa (Missione Archeologica nel Sahara. Sapienza Università di Roma)
Resti archeobotanici dalla grotta di Takarkori, di 9.500 anni fa circa (Missione Archeologica nel Sahara. Sapienza Università di Roma)
(Missione Archeologica nel Sahara. Sapienza Università di Roma)
(Missione Archeologica nel Sahara. Sapienza Università di Roma)
(Missione Archeologica nel Sahara. Sapienza Università di Roma)
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