Scoperta a Çatalhöyük una eccezionale statuetta femminile neolitica

La statuetta rinvenuta (Catalhoyuk Research Project)
La statuetta rinvenuta (Catalhoyuk Research Project)

Nel sito neolitico di Çatalhöyük, in Turchia, gli archeologi hanno portato alla luce una “eccezionale” statuetta femminile, perfettamente conservata. Misura 17 cm e pesa un chilo. Secondo il Ministero della Cultura e del Turismo turco, risale al 8.000 – 5.500 a.C. circa.

La statuetta di marmo farebbe parte di una deposizione rituale. È stata scoperta da un team internazionale di archeologi diretti dal professor Ian Hodder, antropologo presso l’Università statunitense di Stanford.

Ricostruzione di Catalhoyuk (Catalhoyuk Research Project)
Ricostruzione di Catalhoyuk (Catalhoyuk Research Project)

Çatalhöyük è uno dei primi centri urbani del mondo, risale a 9.000 anni fa, e nel 2012 è stata inscritta dall’UNESCO nella Lista dei patrimoni dell’umanità. Da oltre 50 anni i ricercatori di tutto il mondo vengono qui per studiare la città, i suoi antichi abitanti, e le molte raffinate ed enigmatiche opere d’arte.

Dal 1993, il Catalhoyuk Research Project ha reclutato un gruppo internazionale di specialisti per sperimentare nuovi metodi archeologici, conservativi e curatoriali, fuori e dentro il sito. Allo stesso tempo, il progetto punta ad avanzare la nostra comprensione della vita umana nel passato.

Donne sagge, non dee

Alla metà del XX secolo, archeologi come James Mellaart credevano che le statuette femminili come questa rappresentassero delle dee della fertilità. L’idea che fossero oggetto di venerazione è però messa in forte dubbio dalle scoperte effettuate negli ultimi vent’anni a Çatalhöyük e in altri siti contemporanei.

L’archeologa di Stanford Lynn Meskell, in una serie di studi, ha fatto notare che quasi tutte le statuette di Çatalhöyük erano state trovate tra mucchi di rifiuti, come se fossero state prodotte per scopi specifici (spirituali o per gioco) e poi gettate via. Raramente avevano delle basi, e dunque non potevano stare in piedi per essere esposte. Venivano forse passate di mano in mano, oppure addirittura portate come ornamenti.

Al contrario, alle statue e alle rappresentazioni di animali fu dato un trattamento speciale. Le corna di toro sono montate sui muri e accanto alle porte, mentre alcune ossa animali sono conficcate nei muri di gesso. Nelle case sembra che i dipinti di leopardi, tori e altri animali abbiano un significato simbolico speciale. Se qualche statuetta doveva essere venerata, è più probabile che fossero quelle animali.

Secondo Meskell e colleghi, queste figure femminili sono probabilmente rappresentazioni delle anziane del villaggio, donne rispettate con molto potere nella comunità. I corpi non sono giovanili, e i loro ventri e seni non esibiscono la rotondità della gravidanza o fertilità, ma anzi sono cadenti. La taglia potrebbe indicare l’accumulo di saggezza o di prolungata prosperità. Hodder ha dichiarato a Ars Technica che la nuova statuetta supporta l’interpretazione di Meskell, dato che sembra essere una donna anziana “che raggiunse uno status sociale elevato”.

(Catalhoyuk Research Project)
(Catalhoyuk Research Project)

Un contesto rituale

A Çatalhöyük era comune seppellire i morti sotto i pavimenti delle abitazioni. Spesso queste sepolture domestiche venivano riaperte, e i crani (maschili o femminili) venivano spostati in altre case, a volte anche per più generazioni prima di essere riseppelliti nuovamente.

Anche la nuova statuetta è stata trovata dove erano stati sepolti i morti amati o onorati, sotto il pavimento di una casa. In particolare, questa abitazione era stata ricostruita tre volte, e fu in quest’ultima occasione che il manufatto venne posto nelle fondamenta. Gli operai scavarono un buco nelle vecchie fondamenta, coprirono la statuetta con due strati di sabbia e argilla, e poi vi posero una piattaforma di gesso sopra.

Hodder spiega la particolarità del ritrovamento: «La statuetta non è stata trovata nei rifiuti, bensì sotto una piattaforma, insieme a un pezzo di ossidiana. È senza dubbio una qualche forma di deposizione rituale. È diversa dalle altre per via della sua completezza e della deposizione accurata, oltre che per la maestria dell’artista… L’esecuzione mostra una grande attenzione ai dettagli e un grande livello di abilità».

(Catalhoyuk Research Project)
(Catalhoyuk Research Project)
Ricostruzione grafica di Kathryn Killackey
Ricostruzione grafica di Kathryn Killackey
La statuetta è stata rinvenuta nell'area TPC (Camilla Mazzucato, Çatalhöyük Research Project)
La statuetta è stata rinvenuta nell’area TPC (Camilla Mazzucato, Çatalhöyük Research Project)

The Daily Sabah

Ars Technica

10 pensieri su “Scoperta a Çatalhöyük una eccezionale statuetta femminile neolitica

  1. Molto interessante. Ogni ipotesi è valida; mi pare però che vi siano collegamenti, come qui sopra accennato da Liutprand, con l’interpretazione della Gimbutas, almeno sul piano psicologico: la statuetta rivela di essere stata prodotta da una società matriarcale.
    La donna, forse, non è una dea, ma neanche il riferimento alla saggezza mi pare calzante, perché non è un’anziana, semmai è una donna non più giovane, obesa, e quindi un’elegia scaramantica alla grande disponibilità di cibo e non alla saggezza.

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  2. Sarà interessante leggere il resoconto finale del Çatalhöyük Research Project, visto che questo annuncio è stato fatto dalle autorità turche.
    Sull’interpretazione non saprei, c’è un vecchio articolo di Meskell (“Goddesses, Gimbutas and ‘New Age’ archaeology” pubblicato su Antiquity nel 1995) in cui sostanzialmente sia Meskell sia Hodder spiegano che non ci sono prove sufficienti a dimostrare l’esistenza della società matriarcale, in contrapposizione appunto alla teoria di Gimbutas.

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  3. Senza offesa ma sicuri che sia una donna e non la rappresentazione di un uomo grasso? Da studente di archeologia posso metterlo in dubbio? Che gli animali siano rappresentazioni di divinità o di concetti astratti mi sembra calzante, ma la statuina non mi sembra dono votivo a divinità. Azzardo nel dire che abbia potere magico (così come nel protogeometrico e nei secoli a seguire, in Grecia e in Italia veniva posta l’olla come simbolo di prosperità), anche qui potrebbe essere simbolo di abbondanza, fortuna, prosperità. Il fatto che ne hanno trovate diverse buttate via può anche significare che in antico, scavando trovavano le statuine non ci vacevano niente e le buttavano. Qui non è specificato in che contesti sono state rivenute le statuine. Ad ogni modo rigetto l’idea della divinità femminile dato il contesto sepolcrale. Sembrano i greci ma al contrario: questi sepelliscono figurine umane, i Greci fgurine di cavalli, tori, etc.

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  4. Biagio, che differenza c’è tra la fiducia in un simbolo scaramantico e la fede in una divinità?
    Se appendo nella mia capanna o in vicinanza di essa un simbolo che vuole esprimere la speranza che la mia famiglia sia sempre opulenta, non è forse questa superstizione, e quindi forma di credenza religiosa? E se non è così, quanto tempo passerà, magari in generazioni, perché il simbolo scaramantico diventi immagine divina?
    Maschio o femmina? Il simbolo dell’opulenza, se ci mettiamo nei panni di popolazioni antichissime, non può che essere femmina perché essa allatta i piccoli e la ricchezza della famiglia è una balia ricca di latte.

    Ho una statuetta molto simpatica, la cui immagine non so mettere qui, che rappresenta una donna maya seduta che allatta un maialino, e ha addosso alcuni alimenti; è una vera e propria divinità, quella dell’opulenza, che fino al principio del novecento si ritrovava su altarini nella campagna dell’America centrale.
    Lynn Meskell dice che le statuette anatoliche non hanno delle basi perché possano appoggiarsi; questa è però una visione di utilizzo moderna. In effetti, le statuette hanno piedi che possono essere infissi nel terreno o su un altare fatto di terra.
    E il fatto che si ritrovino tra le immondizie, non è indice certo che siano state gettate via.
    D’altro canto, Hodder parla di seppellimento rituale.
    La teoria di Gimbutas mi affascina, ma non è oggetto di mia incrollabile fede, però faccio notare al “Fatto Storico” che non ci sono solamente critiche a essa, ma anche conferme risalenti a pochissimi anni fa. Semmai le critiche di Meskell e Hodder alla Gimbutas rendono soggettive le loro interpretazioni su queste statuette; per cui come dice il “Fatto” sarà meglio attendere i resoconti finali.

    Nelle statuette di Catalhoyuk non si vede il sesso, coperto dalla piega addominale; mentre nelle statuette in cui la Gimbutas vede la dea madre, il sesso a volte è in evidenza. Ha significato questa differenza?

    Divinità, superstizione, semplice abilità artigianale, bambole, dea madre, società egalitaria, matriarcale … Forse ne sappiamo ancora poco, però fare supposizioni e discutere, grazie al “Fatto” e a tutti Voi, non è mai attività sterile.

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  5. Io sono allibbita dal persistere di questa resistenza patetica che vorrebbe sminuire e sottovalutare le figurine femminili presenti a centinaia in tutto il mondo. Prima si diceva addirittura fossero “prostitute per l’aldila’” ..salvo poi rendersi conto che erano presenti anche in sepolture femminili. Ridicolo. A fronte poi invece di teorie basate sul nulla di un impronta o di un oggetto vagamente allungato in cui senza indugio si afferma la divinita’fallica. Tutto cio’ha creato nella storia degli studi gia’molti episodi imbarazzanti come quello sopracitato delle prostitute e altri in cui “principi armati con schiava ai piedi”sono poi dovuti diventare nell’imbarazzo generale “principesse armate con uomo(stavolta schiavo no guarda un po) ai piedi”. Quindi…perche’non attenersi serenamente ai dati e accettare come si fa con tutto il resto l’importanza religiosa sociale e culturale dell’elemento femminile in questi contesti? Fa ancora cosi’tanta paura la donna potente? E’ovvio che il fenomeno delle statuine femminili non sia ancora del tutto chiaro e molto sia ancora da indagare, ma certamente alcune cose sono evidenti e le Interpretazioni di ben altro tenore rispetto a queste da articolo. I piedistalli per esempio potevano essere di materiale organico per dirne una e in ogni caso…chi lo Dice che il piedistallo o l’altare siano un criterio di importanza valido in assoluto? Certo lo e’in una religione di tipo palaziale/templare ma proprio il sito di cui parlate ha dimostrato nuove forme di religiosita’diffusa che rispondono a ben altre logiche. Cosi’come d’altra parte antropologia ed etnografia sanno da decenni. Quindi siate seri per cortesia!

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  6. Non per dire, eh, capisco tutte le ostilità al tema giacché metterebbe in discussione molti di quelli che abbiamo eletto a fondamenti del concetto di civiltà, ma i “matriarcati” esistonoancora e rimando agli studi di heide goettner abendroth.
    Certo, se li cerchiamo nel modellò di bachofen, allora no che non sono esistiti.
    Se li cerchiamo in modelli di ddominio uguale ma speculare al patriarcato, allora no che non sono esistiti.
    Se ci si sforza di uscire da questa logica duale oppositiva forse si riuscirà a capire che “matriarcati” sono società che si fondano su valori di eguaglianza e partnership, dove un genere NON domina sull’altro, dove il “materno” non coincide con quello della nostra cultura ma è un concetto più ampio e che non esclude gli uomini.
    Finché però usiamo i paraocchi…. E i paraocchi li usiamo perché il nostro sguardo è ostile.
    Solo dopo emerge cge tra donna saggia e dea non c’è gran differenza. Non dimentichiamo che il concetto di divinità trascendente è piuttosto recente.

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    1. Se mi è permesso, cerco di esprimere la mia opinione ad Alessandra e Laura, precisando che essendo cortese e molto serio, ritengo le vostre precisazioni preziose; mi riferisco preliminarmente al significato antropologico di società matriarcale che non sempre cogliamo con proprietà.

      In Etologia il termine è abbastanza chiaro: una società matriarcale è una società genericamente egalitaria, in cui le femmine e i maschi hanno pari diritti. La conseguenza più ovvia è che la femmina non è complementare al maschio, e a comandare può essere l’una o l’altro.
      Si va anche oltre in alcuni casi: se comanda un maschio, ad esempio per una questione di forza bruta, allora comanda il figlio della femmina più importante. In questo caso, il termine matriarcale trova un significato ancora più appropriato. Non è escluso che anche in culture umane sia esistita questa particolare regola.

      Per quanto riguarda i paraocchi, Laura, mi trova impreparato perché sono anni che mi batto per la teoria di Marija Gimbutas, per quello che posso come semplice e modesto ma appassionato lettore di pagine scientifiche.
      A dire la verità ho una certa stanchezza perché non riesco a “scrostare”, come ovvio per la mia pochezza, la teoria della Gimbutas dalle accuse di Andrew Colin Renfrew (“Le origini delle lingue Indoeuropee” del 1989 e “La diversità linguistica nel mondo” del 1994, pubblicati ambedue in Italia da “Le Scienze”), e non trovo mai aiuto da altri lettori.
      Renfrew negò tutta la teoria della Gimbutas (sovrapposizione dei nomadi indoeuropei delle steppe, il popolo Yamnaya, di cultura patriarcale e detta dei Kurgan, sulla precedente società matriarcale di contadini egalitari venuti dall’Anatolia), e ipotizza che gli indoeuropei siano gli stessi agricoltori anatolici.

      Subito dopo il primo articolo di Renfrew, l’archeologo David Anthony lavorando in Ucraina riuscì a confermare la teoria della Gimbutas e confutare le critiche di Renfrew. Per quanto riguarda i linguisti, sono stati sempre dalla parte della Gimbutas.

      Dopo anni di accese discussioni, la genetica (su questo argomento le analisi sono iniziate con Luigi Luca Cavalli Sforza), dopo alterne vicende, ultimamente ha dato ragione alla Gimbutas (Allentoft e altri su Nature e Haak e allievi su Nature, su campioni raccolti da David Anthony; Pontus Skoglund ha dato un giudizio aggiuntivo esterno), ma ecco che dal cilindro esce nel 2014 un parere molto autorevole di Paul Heggarty, del Max-Planck I. di Jena, che dà nuovo vigore a una ricerca del 2003, che aveva suscitato molti dubbi, ma che molto ben pubblicizzata, all’epoca aveva rivalutato (con mio dispiacere) l’ipotesi anatolica di Renfrew (Russell Gray e Quentin Atkinson 2003; colleghi più giovani ma non meno autorevoli di Heggarty). Questa ricerca fu effettuata alimentando un sistema computazionale, usato per svelare l’evoluzione biologica dei virus, con materiale linguistico. William Garrett e Will Chang, linguisti, nel 2013 hanno ripetuto l’esperimento vincolando alcuni dati in entrata al sistema, e hanno ottenuto un risultato diverso, favorevole alla Gimbutas. Gray non ha mollato, e ultimamente ha ripetuto il suo esperimento, confermando l’ipotesi di Renfrew: gli indoeuropei erano gli agricoltori venuti dall’Anatolia.

      Ultimamente altri studiosi, (sono cattivo dicendo che pare non si possa dare torto a Renfrew?) hanno proposto la contemporaneità tra teoria anatolica e quella delle steppe.
      La teoria della Gimbutas, molto ampia (società egalitaria dei primi europei), quasi poetica, antropologica, non è un guazzabuglio; ed è razionale, perché quando Cesare andò a fare una ricognizione in Britannia, a differenza del resto dell’Europa, trovò donne guerriere e una regina, così come ci si sarebbe aspettato nella terra più lontana dalle steppe dell’est (ci sono tanti altri motivi).

      Attualmente, questa questione, senza pace, è ancora in discussione; vedremo se i prossimi studi riusciranno a dare il giusto valore al pensiero della Gimbutas. E permettetemi, Alessandra e Laura, spero che sia anche riconosciuto altrettanto valore a Vere Gordon Childe che costantemente è dimenticato in questa diatriba, e non lo dico per solidarietà maschile ma per essere giusto.

      Per finire, concordo che una femmina saggia possa divenire una dea; io però ho qualche dubbio, tornando a noi, che quella statuetta rappresenti una femmina saggia.
      Vi saluto cordialmente.

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